Censis: Quale futuro per il welfare pugliese?

 di Marilena De Nigris

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È stata presentata ieri a Bari la ricerca “Il futuro prossimo del nuovo welfare pugliese”, realizzata dal Censis per il Forum ANIA-Consumatori.

Dall’indagine emerge una realtà regionale poco incoraggiante relativamente all’attuale andamento demografico, occupazionale e sanitario. Come intervenire per risollevare le sorti della Puglia e per restituire speranza alle vecchie e, soprattutto, alle nuove generazioni? Riflessioni e proposte sono arrivate dai relatori invitati alla presentazione della ricerca: Francesco Maietta, responsabile dell’Area Politiche sociali del Censis, Giacomo Carbonari, segretario generale del forum Ania-Consumatori, Gianluca Di Ascenzo, presidente del Codacons, Giovanni Gorgoni, direttore generale dell’Agenzia regionale sanitaria della Puglia (Ares), e Gianfranco Visicchio, presidente del Consorzio per l’assistenza primaria Cap Puglia.

I DATI

In Puglia, nel 1951, la popolazione è giovane. Sono 36,4% i minori; 27,4% i giovani (18-34 anni); 7,7% gli anziani (over 65). Nel 2016 si riscontra un capovolgimento della situazione. Sono 17% i minori; 19,8% i giovani; 20,9% gli anziani. Solo nel periodo 2001-2016 i minori sono diminuiti di quasi 131mila unità, i giovani di oltre 224mila a fronte di un aumento di 213mila anziani.

Chi pagherà il welfare pugliese del futuro? Anche perché le previsioni per il 2031 sono aberranti: 116mila minori in meno (-16,8%) e 241mila anziani in più (+28,3%).

I dati raccolti parlano, anche, di un aumento delle persone che vivono sole (25,9% delle famiglie) e dei single (13,8% di persone sole non vedove). In un welfare in cui la famiglia rappresenta il pilastro, il boom delle persone sole è un’ulteriore minaccia. Ma altrettanto rischiosa è la solitudine di 300mila persone e 160mila anziani che non hanno o vedono amici.

Sul fronte del lavoro e delle risorse economiche, i pugliesi toccano il 19,4% della disoccupazione nel 2016 (+7,7% rispetto alla media nazionale) e il 47,1% delle famiglie dichiara gravi difficoltà ad arrivare a fine mese (+9,9% rispetto alla media italiana), sebbene giungano da queste spiragli di miglioramento. Se economia e occupazione non decollano, risultano decisive le reti sociali e le pensioni, pari a circa il 23% del Pil pugliese.

Infine, in ambito sanitario, il totale della spesa pubblica e privata per la salute è diminuito dell’1,5%, soprattutto per il crollo della spesa sostenuta dalle famiglie. Un minore impegno economico per la sanità rischia di impattare sulla qualità della diagnosi e delle cure.

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LE RIFLESSIONI DEI RELATORI

Dagli interventi dei relatori emerge, innanzitutto, la necessità di costruire un nuovo welfare. Quello attuale è organizzato su bisogni che ormai sono cambiati – a partire dalla non autosufficienza per effetto dell’invecchiamento della popolazione – e alimentato da una società che non esiste più, quella del reddito sicuro, propensa alla spesa e generatrice di ricchezza.

Il nuovo welfare deve avere sempre più i connotati locali, poiché ogni regione esprime caratteristiche e aree di intervento prioritarie rispetto ad altre. Perché ogni regione deve partire da ciò che non funziona per potere ricostruire un sistema efficiente di sostegno alla popolazione, azione che richiede una maggiore trasparenza nei processi progettuali e operativi che compongono il welfare. In Italia abbiamo una pressione fiscale maggiore del 10% rispetto alle altre nazioni, ma che, anche a livello locale, non percepiamo in termini di servizi.

È fondamentale, infine, dare vita a un welfare comunitario condiviso. Il settore pubblico, il terzo settore e il mondo imprenditoriale e dei privati devono collaborare in fase consultiva, per trovare soluzioni, e in fase operativa, per realizzare gli interventi. Ad oggi, il mondo associazionistico e privato hanno giocato un ruolo marginale e non effettivamente sussidiario: i progetti realizzati, per cui sono stati erogati contributi pubblici esigui, non sono stati inseriti in un piano strategico. Bisogna orientarsi, perciò, verso una visione sistemica.

Chi sosterrà economicamente questo welfare? La risposta deve essere corale perché un sistema che non regge gli equilibri economici è destinato a crollare. Al contempo bisogna volgere lo sguardo verso i nuovi cittadini, i tanti stranieri che hanno scelto di vivere in Puglia (il 3% nel 2015), dando un nuovo connotato all’immigrazione: la stanzialità. Altrettanto strategico sarebbe attuare politiche che incentivino il ritorno dei numerosi cervelli pugliesi in fuga: incrementerebbero la ricchezza della comunità e costituirebbero una fonte di sostegno per il welfare.