Ricucire gli strappi nelle comunità. Nasce l’accordo tra CSV San Nicola, Uiepe e Ussm

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Ai processi si va con un ago per cucire e non con un coltello per tagliare” (Proverbio africano)

“Il rafforzamento dell’istituto della giustizia riparativa, voluto dal Ministero della Giustizia, è controcorrente: mai come in questo momento storico i costrutti culturali della solidarietà, dell’aiuto dell’altro, dello spendersi nella relazione sono fuori moda. Le politiche riabilitative si inseriscono, pertanto, in un filone non riformista, ma rivoluzionario”. Giuseppe Centomani, dirigente CGM – Centro Giustizia Minorile – di Bari, apre con questa affermazione densa di significati e di sfide il convegno Soggetti in conflitto con la legge e sistema della giustizia riparativa: il volontariato come opportunità, organizzato dal Csv San Nicola con UIEPE – Ufficio Interdistrettuale Esecuzione Penale Esterna –  USSM – Ufficio Servizio Sociale Minorenni – di Puglia e Basilicata lo scorso 20 febbraio a Bari.

 L’evento rappresenta l’avvio di un percorso condiviso tra UIEPE Puglia e Basilicata, CGM Puglia e Basilicata e Csv San Nicola, formalizzato con la recente sottoscrizione di un accordo di collaborazione. L’obiettivo è rendere ancora più efficace lo strumento della giustizia ripartiva, promuovendo azioni di sensibilizzazione nei confronti della comunità rispetto al sostegno, al processo di responsabilizzazione e al reinserimento di persone sottoposte a procedimenti penali o in esecuzione penale, nonché azioni di costituzione di una rete di risorse che accolgano tali persone e propongano, anche, attività riparative a favore della collettività. L’accordo, inoltre, prevede percorsi di formazione degli operatori UIEPE e USSM e delle agenzie che contribuiscono ai programmi di trattamento dei condannati o dei messi alla prova, di monitoraggio delle attività svolte e di realizzazione di work shop aperti alla comunità per la diffusione della cultura della legalità, della riparazione e della gestione dei conflitti sociali.

La giustizia riparativa, la mediazione penale e le concezioni di probation sono questioni che, oggi, hanno raggiunto la maturità, almeno in termini di tempo, ma che ancora rappresentano “roba da pazzi” afferma Pietro Guastamacchia, dirigente UIEPE Puglia e Basilicata. “È più rassicurante gestire il cartaceo piuttosto che cercare una comunità con cui confrontarsi su questo tema in quanto si fa fatica a interpretare in maniera equilibrata il concetto di giustizia riparativa”. Rimettere al centro il reo, la vittima e la comunità per ricucire uno strappo causato da un reato è un’operazione che richiede consapevolezza, condivisione, organizzazione da parte di tutti i soggetti coinvolti. “Il sistema penale è sempre più orientato a introdurre i principi della giustizia riparativa, anche se l’ordinamento li richiama ma non li codifica, eppure ancora si confondono concetti, definizioni che si sovrappongono o si utilizzano in maniera impropria: restituzione, risarcimento, riparazione”.

La giustizia riparativa, come affermato negli Stati generali dell’esecuzione penale, non può e non deve essere considerata una modalità di declinazione delle risposte sanzionatorie, ma deve essere contestualizzata in una più ampia dimensione di policy, suscettibile di entrare in un vitale rapporto di complementarietà con la giustizia penale nel suo complesso. L’art. 2 della Direttiva 2012/209/UE, che riprende i Basic principles of Restorative Justice, elaborati dalle Nazioni Unite, si afferma: “Giustizia riparativa: qualsiasi procedimento che permette alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale”. La finalità è la reintegrazione del reo e della vittima, affinché possano essere coinvolti nella progettazione di un’azione che guarda al loro futuro come persone nuovamente integre e non sminuite per sempre dall’esperienza della colpa e dell’offesa.

Nel nostro Ordinamento Penitenziario, reo-centrico e basato su una matrice metodologica positivista, vale a dire sulla ricerca delle cause che hanno suscitato la condotta antigiuridica e la previsione di azioni che ne riducano i suoi effetti (integrazione sociale, lavoro, formazione, sostegno alla auto-determinazione), vi sono riferimenti alla vittima e alla riparazione della frattura sociale determinata dal fatto-reato: l’art. 47 O. P. che disciplina l’istituto dell’affidamento in prova al servizio sociale, evoca la vittima, in quanto l’affidato ‘deve adoperarsi in quanto possibile in favore della vittima del reato’; la legge 103 del 23 giugno 2017 sulla «Riforma dell’Ordinamento Penitenziario, prevede che «l’attività di giustizia riparativa e delle relative procedure, quali momenti qualificanti del percorso di recupero sociale sia in ambito penitenziario»; la legge n. 67/2014 «Sospensione con messa alla prova», che oltre al lavoro di pubblica utilità, prevede come impegno per la persona in prova, anche il risarcimento del danno cagionato, ove possibile; e lo svolgimento dell’attività di volontariato di rilievo sociale».

Non solo. Le linee di azione della Restorative justice e i rapporti di integrazione con le reti territoriali prevedono interventi del privato sociale rivolti ai soggetti in conflitto con la legge. Essi consistono in azioni di aiuto al soggetto ed alla sua famiglia all’interno del contesto di vita, con funzione di sostegno al percorso di reinserimento sociale: percorsi di formazione culturale e professionale, di orientamento al lavoro e di accompagnamento nei percorsi individualizzati; interventi di assistenza domiciliare, anche con riferimento alle necessità della vita quotidiana; inserimento del condannato nel contesto dell’associazione e partecipazione alle attività volontaristiche a beneficio della collettività, con finalità riconciliative e riparative delle conseguenze del reato, con specifico riferimento alle ricadute della riflessione sulla condotta antigiuridica.

È quest’ultimo un aspetto fondamentale che rende più chiaro il ruolo strategico del terzo settore. “Non ci può essere un’attività riparativa vera – afferma Centomani – se non ci sono riverberi sul sistema coscienziale, sull’attitudine alla riflessione sulla propria posizione nel mondo, sullo sviluppo di una capacità empatica e un atteggiamento proattivo alla cittadinanza attiva. Il cambiamento ha a che fare con l’etica, con la qualità dei rapporti tra le persone”. Per questo il mondo del Terzo settore è un pilastro importante di questo processo “perché ha in sé questa posizione umana – sottolinea Rosa Franco, presidente del Csv San Nicola – questa attitudine a guardare l’altro non nel suo limite, ma per la potenzialità a cui può dare espressione”. “L’accordo di collaborazione condiviso con Uipe e Ussm di Puglia e Basilicata – conclude la presidente – si inserisce nelle direttive date dalla legge di riforma del Terzo settore, relativamente alla realizzazione sinergica di azioni tra gli enti pubblici e il vasto mondo del privato sociale. Insieme dobbiamo imparare a fare “sistema”, cioè a condividere visioni e teorie rispetto a ogni singolo problema, che possano essere faro e guida dell’azione specifica di ogni singolo soggetto chiamato a contribuire alla soluzione del disagio per la realizzazione del bene comune”.

Marilena De Nigris
Ufficio stampa Csv San Nicola

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