7 giovani su 10 credono nel terzo settore

giovani volontari

di Marilena De Nigris

Per i giovani il terzo settore può contribuire a cambiare il paradigma economico a cui siamo abituati ponendo al centro la produzione del territorio, le relazioni di comunità, il capitale sociale. Lo rileva la ricerca di Swg presentata ad ottobre.

Un’interessante indagine di SWG sul sentiment degli italiani verso la Riforma del terzo settore e l’importanza del non profit nel nostro paese rileva che gli italiani hanno fiducia in questo mondo. La ricerca, effettuata a luglio 2017, prende in considerazione un campione di 1.000 cittadini. Il 56%, ben oltre la maggioranza, ritiene che svolga una funzione utile in Italia, il 28% pensa che sia “poco” o “per niente” rilevante, il 16% “non sa”.

La duplice polarizzazione dell’idea di terzo settore.

Le vecchie generazioni ritengono che il terzo settore sia già molto esteso, che operi soprattutto nei servizi socio-sanitari (in particolare “assistenza sociale” per il 53% e “assistenza sanitaria” per il 43%) e che il suo futuro resterà strettamente legato a questi campi. Non credono che le nuove forme di economia proposte dal no profit, normate con la Riforma, possano influenzare o sostituire le attuali forme dell’economia di mercato e comunque ritengono per lo più che il terzo settore non abbia le capacità e le professionalità per svolgere bene i propri compiti.

La percezione delle nuove generazioni è ribaltata: nella fascia 18-24 anni gli intervistati che giudicano rilevante questo mondo (“molto” + “abbastanza”) sono ben il 69%. Completamente diversa è anche l’idea dell’impegno del terzo settore, attivo nella valorizzazione del patrimonio culturale, nell’educazione e nella formazione, nel turismo sociale.  I giovani credono che il terzo settore possa contribuire a cambiare il paradigma economico a cui siamo abituati (17%) e a generare un nuovo modello di comunità (23%). Con l’impresa sociale cambiano i concetti stessi di lavoro, produzione e consumo, ed è forte l’impulso che proviene dai più giovani rispetto agli ambiti che le nuove forme di economia dovrebbero principalmente presidiare: produzione del territorio, relazioni di comunità, capitale sociale.

Il valore delle imprese sociali

In generale, il 35% degli intervistati ritengono che le imprese sociali possano contribuire al “recupero delle periferie urbane”, il 27% a “legare la produzione al territorio”, il 27% a “garantire dei servizi più partecipati”, il 23% a “rendere significative le relazioni di comunità”.

Ciò che si evidenzia è un forte desiderio di comunità nonostante i tanti cambiamenti, e le tante segmentazioni, che stanno interessando la società italiana.

Per questo “Il terzo settore del dopo-riforma non può esimersi dal porre in cima ai propri compiti la rigenerazione della comunità, lo sforzo costante di ‘fare luogo’ per creare quelle relazioni che scongiurano la minaccia dell’isolamento” come afferma Stefano Zamagni.